Il termine “ghosting” è stato reso mainstream da The New York Times nel 2015 (in relazione alla fine della storia tra Charlize Theron e Sean Penn), ma esisteva già da qualche tempo. In italiano può essere tradotto più o meno come “sparire come un fantasma” e descrive la tendenza sempre più in voga di (non) chiudere un rapporto di amore, amicizia o lavoro interrompendo ogni comunicazione.
Come capire se è ghosting
Il risultato del ghosting è una vera e propria “scomparsa”. Il processo è istantaneo per chi lo mette in pratica, ma non per chi lo subisce, che resta profondamente destabilizzato. Il punto è che chi sparisce lo fa in maniera subdola, senza dire nulla e lasciando la sua “vittima” in totale stato confusionale. Lo smarrimento è legittimo, perché sembra impossibile che qualcuno possa volatilizzarsi di punto in bianco. Invece è proprio ciò che accade. Ma come si fa a capire quando una persona fa ghosting?
Il primo segnale è lo stop a ogni forma di comunicazione. Chi decide di scomparire non si fa più sentire e smette di rispondere a mail, messaggi e telefonate. Certo: il silenzio potrebbe essere la conseguenza di qualche problema o impedimento. Ma con il passare del tempo e con la consapevolezza che sottrarsi a ogni contatto richiede un impegno attivo, è ragionevole pensare che la sparizione sia volontaria.
La prova decisiva è il ban dai social. Nello stesso tempo o poco dopo avere interrotto tutti i contatti, il “ghoster” blocca la vittima su Facebook, Instagram e ogni piattaforma. La comunicazione viene chiusa su tutti i fronti, ma a senso unico e spesso in maniera non definitiva. Non di rado, infatti, chi decide di scomparire si lascia una porta aperta e continua a “osservare” l’altro attraverso la lente di internet.
Perché si fa ghosting e che effetti ha su chi lo subisce
Perché una persona fa ghosting? Le ragioni sono diverse, ma quella fondamentale è tanto semplice, quanto disturbante. Sparire di punto in bianco, senza lasciare traccia, evita di dover spiegazioni e risparmia dal peso del conflitto. Per dirla in maniera brutale ma efficace: fare ghosting è facile.
Chi decide di darsi alla macchia lo fa perché non vuole farsi carico delle responsabilità emotive e pratiche che comporta chiudere un rapporto. Il ghosting è – di fatto – una strategia di “rottura passiva” per evitare dinamiche relazionali dolorose, ma chi sparisce si autoassolve nella convinzione di risparmiare all’altro il dolore del rifiuto.
Al di là del fatto che si tratta di un comportamento tutto meno che altruistico, volatilizzarsi non fa soffrire di meno l’altro. Anzi. Il ghosting genera una spirale di pensieri negativi e svalutanti in chi lo subisce e porta la vittima a mettere in dubbio sé stessa, le proprie capacità e i propri valori. Venire scaricati senza spiegazioni innesca le stesse reazioni chimiche del dolore fisico – in base a quanto emerso da uno studio della National Academy of Sciences (PNAS) – e provoca insicurezza, ansia, paura, frustrazione e rabbia.
Il ghoster sparisce perché non è più interessato e/o perché qualcosa nell’altro o nel rapporto lo mette a disagio. Ma la persona “ghostata” non lo sa e rimane imprigionata in un loop di domande senza risposta, che può arrivare a ossessionarla e a compromettere – anche in maniera grave – il suo benessere mentale e fisico.
Che problemi ha chi fa ghosting?
Qual è l’“identikit” di chi sparisce senza dare spiegazioni? Uno studio realizzato nel 2021 dall’Università di Padova associa il profilo di chi fa ghosting con i tratti caratteristici della “Triade Oscura”: psicopatia, machiavellismo e narcisismo. Chiaramente, questo non vuol dire che chi si sfila da un rapporto volatilizzandosi sia uno psicopatico, un cinico e un narcisista tout court. Invece significa che presenta – in maniera più o meno marcata – uno o più elementi di questi tre tipi di personalità, che agiscono alternandosi e sovrapponendosi.
Ma come capire – all’atto pratico – se si ha a che fare con un (potenziale) ghoster? L’egocentrismo patologico, la mancanza di empatia, il bisogno costante di primeggiare, la ricerca spasmodica di approvazione e una certa reticenza al perdono sono tutti campanelli d’allarme da non sottovalutare. Allo stesso modo, sono segnali da non ignorare l’abitudine a mentire, la mancanza di rispetto per gli altri, la necessità di avere tutto sotto controllo e i comportamenti passivi-aggressivi.
Come reagire al ghosting
La prima e più comune reazione di chi viene scaricato senza spiegazioni è quella di chiedersi come punire chi fa ghosting. Ma progettare di “vendicarsi” è il modo più sbagliato per reagire. Pensare a come farla pagare all’altro non rende né liberi né forti, al contrario trattiene legati al proprio “carnefice” e mantiene nella condizione di vittima.
È chiaro che ogni situazione è diversa e ciascuno attinge a risorse differenti, ma in generale un buon modo per rispondere al ghosting consiste nell’accettare che il rapporto è chiuso e “lasciare andare”. Continuare a chiedersi perché l’altro è sparito senza dare spiegazioni e colpevolizzarsi non serve a nulla, perché non si ha alcun controllo sulla sua personalità, i suoi pensieri e le sue azioni.
Invece, può essere utile provare a riflettere sul proprio comportamento e sulle dinamiche che si mettono in pratica nei rapporti, per capire se c’è uno schema che si ripete e che porta a restare invischiati in “relazioni tossiche”. Di pari passo, imparare ad ascoltare le proprie necessità e i propri desideri più profondi, prendersi cura di sé e dedicarsi alle persone, alle attività e alle cose che fanno stare bene sono tutte “buone pratiche” che aiutano non solo a voltare pagina, ma a crescere e a evitare di essere di nuovo vittima di ghosting.
A cura di: Patrizia Saolini
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