Superare la resistenza al cambiamento

Per molte persone, l’insoddisfazione è una costante. E tante (troppe) sono infelici della vita che conducono. Eppure, non fanno niente per cambiare la loro condizione. In questi casi, un vero è proprio leit motiv è che non è possibile modificare lo status quo, perché uno o più elementi esterni e incontrollabili lo impediscono. Ma nella maggior parte dei casi, il blocco è interiore e gli ostacoli sono il risultato di una serie di convinzioni e credenze che non trovano riscontro (o ne hanno molto poco) nella realtà.

Come nasce questa “resistenza la cambiamento”? È possibile superarla?

La paura del cambiamento

Perché è così difficile cambiare? Anche quando si è insoddisfatti, infelici o si prova vero e proprio dolore, lasciare andare chi si è o ciò che si ha sembra un’impresa titanica. Cosa impedisce di farlo?

Un ruolo cruciale lo gioca quello che può essere chiamato spirito di conservazione. La resistenza al cambiamento ha profondamente a che fare con la paura di ciò che non si conosce. Il concetto è stato espresso con grande efficacia da Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo: “È meglio un male sperimentato che un bene ignoto“. In altre parole, si preferisce una condizione non ottimale, ma che si conosce e si sa gestire, a una che potrebbe essere migliore, ma anche peggiore e per di più completamente nuova.

Il rifiuto a prendere dei rischi è direttamente collegato alla convinzione di non essere all’altezza. Cambiare vuole dire sperimentare se stessi su un terreno sconosciuto e questa prospettiva per molte persone è paralizzante. Ma non per una ragione concreta e razionale, bensì perché hanno paura di trovarsi di fronte ai propri limiti e/o a una realtà che non vogliono vedere. In pratica, fanno quello che si chiama overthinking, ovvero si avvitano in un loop di pensieri autosabotanti e depotenzianti che impedisce loro di agire.

In definitiva, il cambiamento genera una situazione di stress emotivo che spinge a rifutare in maniera irrazionale le novità e a rifugiarsi nella cosidetta “comfort zone”. Ma se l’evitamento di tutto ciò che è spiacevole o richiede fatica può (forse) dare sollievo nell’immediato, a lungo andare rende ancora più vulnerabili, fragili e incapaci di affrontare se stessi e la realtà, con conseguenze potenzialmente molto dannose per la salute mentale e fisica.

Come mettere in pratica il cambiamento

Superare la resistenza al cambiamento richiede tempo, pazienza e una reale volontà di prendere coscienza di sé e di mettersi in gioco. Ma non è un’impresa impossibile. Anzi. È qualcosa alla portata di tutti.

Un buon punto di partenza è considerare il cambiamento un’opportunità, invece che un pericolo o una minaccia. Accettare un nuovo lavoro o un nuovo ruolo è senza dubbio una sfida, ma anche un’occasione per studiare, aggiornarsi, cercare nuove strade, tirare fuori dal cassetto un progetto messo da parte per lungo tempo. In altre parole, per crescere, evolvere e migliorare.

Abbracciare questo punto di vista porta a capire che nell’atto di cambiare si lascia qualcosa per qualcos’altro, ovvero non si perde nulla e anzi il più delle volte si “guadagna”. Tale prospettiva aiuta a superare lo spirito di conservazione e a comprendere che l‘incertezza è un rischio accettabile nell’ottica di migliorare la propria condizione.

Ma una volta che si apre la mente al cambiamento, in che modo è possibile metterlo in pratica? La chiave per riuscirci sta nello stabilire obiettivi efficaci, ovvero “specifici”, “misurabili”, “accessibili”, “rilevanti” e “definibili nel tempo” (SMART), che esprimono chi si è e quello che si desidera davvero. Perché, in definitiva, la volontà di cambiare e la motivazione a farlo sono causa e conseguenza della conspavolezza e accettazione di sé e di ciò che si vuole e si ritiene importante.

A cura di: Patrizia Saolini

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