Cos’è davvero il talento?

C’è quello per l’arte, per la musica e per la letteratura. Così come quello per lo sport, per la cucina e per la moda. Il talento è “qualcosa” che permette di svolgere in maniera naturale un’attività e di ottenere grandi risultati. Ma qual è la sua natura? Da dove deriva e a cosa serve?

Cos’è il talento

Nell’accezione (più) comune, il talento è una “disposizione naturale” che porta a eccellere in un ambito dell’esistenza. Questa interpretazione non è sbagliata, ma è riduttiva. Il talento non è solo una manifestazione eclatante, bensì è anche – soprattutto – la capacità di ascoltare e fare emergere la propria vera natura. Alla stregua del “daimon” degli antichi greci – il messaggero divino che ispira e guida a compiere il proprio destino – il talento è la voce dei propri sogni.

In tal senso, il talento non è necessariamente un’abilità unica ed eccezionale, che scrive storie di uomini e donne fuori dall’ordinario. Bensì, è ciò che permette a ciascuno di esprimere e di affermare sé stesso e di raggiungere la realizzazione personale. Mettere a frutto il proprio talento significa ascoltare le propria voce più vera e profonda e usare le proprie capacità per percorrere la strada che porta là dove – davvero – si vuole arrivare.

Ma qual è la sua natura? Il dibattito è aperto. Per alcuni, il talento è un fattore ereditario, che si trasmette di generazione in generazione attraverso i geni. Per altri, è qualcosa che viene modellato e plasmato dall’ambiente. Per altri ancora, è un insieme delle due cose. Ciò che sembra certo, invece, è dove ha sede. Secondo i moderni studi neurofisiologici, il talento si troverebbe nell’area limbica del cervello, una parte filogeneticamente antica, che ha a che fare – non a caso – con le emozioni, il comportamento e il senso di autocoscienza.

A cosa serve il talento

In quanto voce dei propri sogni, il talento è un prezioso aiuto per capire se l’esistenza che si vive è allineata con ciò che si vuole. Imparare a guardare sé stessi in maniera oggettiva e riconoscere e accogliere i propri successi permette di scoprire i propri punti di forza e comprendere ciò che rende appagati e felici. Cosa che – in ultima istanza – porta a realizzare se la strada che si sta percorrendo è quella che conduce alla realizzazione personale o una “deviazione” insoddisfacente e frustrante.

In maniera speculare, il talento caratterizza ciascuno in maniera univoca. Capire qual è il proprio permette di sviluppare e ampliare la consapevolezza di sé e di affermare sé stessi per ciò che si è davvero. Tale processo innesca un volano di positività, che da un lato alimenta la fiducia in sé stessi e nei propri mezzi e dall’altro spinge a mettersi in gioco e a spostare sempre più avanti i propri limiti. Una “mobilità” che porta ad aprirsi al mondo, a costruire relazioni appaganti e a creare opportunità.

Come fare emergere il talento

Il talento non è “saper fare” qualcosa molto bene e con naturalezza, non è una competenza e non un tratto caratteriale. Bensì, saper fare qualcosa molto bene e con naturalezza, una competenza e un tratto caratteriale possono essere espressioni o segnali di un talento. Questo significa che per fare emergere il proprio talento ed esprimerlo in tutto il suo potenziale è necessario mettersi in osservazione e in ascolto di sé stessi.

In altre parole, il fatto di essere un grande comunicatore non è (solo e necessariamente) espressione di un talento oratorio. Invece, può essere (anche) la conseguenza di un talento collegato all’intelligenza emotiva, che permette di entrare in risonanza con le persone e di trovare la chiave per aprire la porta che conduce al loro cervello e al loro cuore. In maniera analoga, saper suonare molto bene il violino non è (solo e necessariamente) il segnale di un talento per la musica. Bensì, può essere (anche) il segnale di un talento matematico, che ritrova nelle note la logica dei numeri.

In definitiva, per fare emergere il proprio talento, bisogna andare oltre le apparenze, cercare gli elementi in comune e comporre il puzzle che ne svela l’immagine.

A cura di: Patrizia Saolini

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