Congruenza: la capacità di essere sé stessi

Quando si parla di “congruenza”, il pensiero va subito alla matematica. In geometria, due figure si dicono congruenti quando hanno la stessa forma e le stesse dimensioni e sono perfettamente sovrapponibili. Ma la parola e il concetto hanno un significato e un uso più esteso e sfaccettato.

Il termine deriva dal verbo latino “congruere“, che vuole dire “incontrarsi” e “concordare“, e indica in maniera più ampia una relazione di corrispondenza e conformità. Tale rapporto esiste e vale per molteplici ambiti della realtà e include anche la dimensione umana delle emozioni, dei sentimenti e dei comportamenti.

In quest’ultimo caso, la congruenza assume un significato particolarmente importante, perché è il fondamento della capacità di essere sé stessi e di raggiungere la realizzazione personale.

Cosa vuol dire essere congruenti con sé stessi?

La congruenza con sé stessi può essere descritta come la capacità di essere in contatto con la propria vera natura. Le emozioni e i sentimenti sono riconosciuti e accolti per quello che sono e vengono vissuti con consapevolezza.

L’abilità di “vedere”, “sentire” e accettare quello che si prova e si è permette di vivere ogni esperienza nel qui e ora e stabilisce una condizione fondamentale per l’apprendimento e la crescita personale e professionale. Ma non solo.

La congruenza con sé stessi ha un rapporto di stretta reciprocità con l’autenticità, ovvero la capacità di pensare e agire in maniera coerente alle proprie emozioni e ai propri sentimenti. Questo vuol dire essere quello che si è davvero, senza soffocare o nascondere la propria natura e i propri valori e senza indossare maschere o essere gravati da sovrastrutture coercitive e limitanti.

Il valore della congruenza nelle relazioni

La congruenza con sé stessi e l’autenticità sono parte costitutiva e fondante della realizzazione e del benessere personale e – in quanto tali – hanno un ruolo chiave nelle relazioni interpersonali. A tale proposito, è illuminante la riflessione che lo psicologo statunitense Carl Rogers fa nel libro On becoming a person: A therapist’s view of psychology:

Mi sono reso conto chiaramente che non produce alcun frutto, a lungo andare, nei rapporti interpersonali, comportarsi come se si fosse diversi da come si è. Non serve agire in modo calmo e piacevole come se si conoscessero le risposte da dare quando le si conoscono. Non mi serve comportarmi da persona affettuosa se in realtà, in quel momento, mi sento ostile. Non mi serve ostentare sicurezza, se di fatto sono spaventato o insicuro. E su un piano più semplice, non mi serve dire che sto bene se in realtà sono malato.

L’incapacità di essere in contatto con la propria vera natura e di esprimerla in maniera onesta e genuina non solo non porta alcun beneficio, ma a lungo andare diventa dannosa e pericolosa.

A livello personale, manipolare e distorcere le proprie emozioni e i propri sentimenti conduce a soffocare desideri e bisogni e spinge lungo la strada dell’insoddisfazione e dell’infelicità. A livello sociale, agire in un modo che non riflette quello che si è e si prova alimenta relazioni fragili, insoddisfacenti e potenzialmente tossiche.

Incongruenza, congruenza e coaching

La congruenza e l’autenticità sono due competenze chiave per raggiungere la realizzazione personale e la felicità. Allora perché c’è tanta resistenza ad acquisirle, svilupparle e allenarle? Tanto più che fingere di essere quello che non si è costa tempo ed energia e trasforma in persone confuse, incompiute, insoddisfatte e non di rado piene di risentimento (quando non vera e propria rabbia).

Il punto è che essere congruenti e autentici significa non solo essere sé stessi, ma anche accettare il rischio e la responsabilità che comporta. In altre parole, porta a scontrarsi con una delle paure più profonde a radicate della natura umana: non essere amati e accettati. Per il timore di venire rifiutati ed emarginati, si “sceglie” di nascondere, mistificare o cambiare tout court la propria vera natura e si “accetta” di vivere una vita che non è la propria.

L’“incongruenza” da sé stessi è un vero e proprio paradosso, perché spinge a negare quello che si è con l’obiettivo di conquistare amore e accettazione sociale, ma ottiene il contrario. Il disconoscimento della propria natura e dei propri valori porta alla dissoluzione di sé come individuo e rende impossibile trovare equilibrio e realizzazione personale e – come inevitabile conseguenza – costruire un’esistenza e una rete di relazioni reali e positive.

Il coaching è uno strumento potente per spezzare questo circolo vizioso, perché ispira e supporta a “liberare il potenziale di una persona per massimizzarne la crescita” (come nelle parole di uno dei suoi padri fondatori, John Whitmore). Il processo fa emergere le contraddizioni attraverso la scoperta e la definizione degli obiettivi e permette di acquisire gli elementi per superarle e (ri)trovare l’allineamento con la propria natura e i propri desideri, bisogni e valori. Ovvero, la congruenza con sé stessi e l’autenticità.

A cura di: Patrizia Saolini

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